Ripartire dall’Africa. Esperienze e iniziative di migrazione e co-sviluppo
Ripensare a un mondo caratterizzato da forme di co-sviluppo costruttive e condivise tra Nord e Sud del mondo è ancora possibile? Il volume Ripartire dall’Africa. Esperienze e iniziative di migrazione e co-sviluppo, a cura di Petra Mezzetti e Sebastiano Ceschi ed edito da Donzelli editore con il contributo di Fondazioni for Africa Burkina Faso, si propone di rivisitare in chiave critica il nesso tra migrazione e sviluppo. I contributi di Anna Ferro, Giovanni Sartor, Valentina Mutti, Simona Guida, Paolo Boccagni, Daniele Frigeri, Andrea Stocchiero, Claire VicentMory e Seydou Keita raccolti nel volume offrono spunti di riflessione sulle realtà africane, sulle politiche e le pratiche degli attori implicati e sulla recente esperienza quinquennale di co-sviluppo, coordinata da CeSPI e promossa in Burkina Faso dalle Fondazioni di origine bancaria insieme a Ong, organizzazione contadine, associazioni della diaspora ed enti locali.
Pubblichiamo qui di seguito la prefazione al libro di Giuseppe Guzzetti, Presidente Acri fino al 2019
Migrazione e sviluppo: l’esperienza delle Fondazioni di origine bancaria
La relazione tra migrazione e sviluppo è un seme prezioso per la costruzione del mondo futuro e per il cambiamento positivo delle società di origine e di destinazione dei migranti. Lo è perché la partecipazione attiva dei cittadini di origine straniera sui territori italiani è fondamentale per la creazione di processi di inclusione e integrazione duraturi. E perché, ponte naturale con i Paesi di provenienza, i migranti, quando vengono coinvolti in azioni di cooperazione allo sviluppo, possono rendere più efficaci gli interventi nelle loro terre di origine.
Questa prospettiva è alla base del co-sviluppo, tema affrontato nelle pagine di questa pubblicazione, ed è il pilastro con cui da dieci anni le Fondazioni di origine bancaria italiane realizzano iniziative per il diritto al cibo e lo sviluppo sostenibile in alcune aree del continente africano.
Nel 2008 c’è stata l’esperienza di Fondazioni4Africa in Senegal e in Uganda, sostenuta da Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione Cariparma e Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Poi, tra il 2014 e il 2019, l’iniziativa Fondazioni for Africa Burkina Faso, per la sicurezza alimentare di 7 regioni rurali e di 60.000 persone, promossa da Acri e sostenuta da ben 28 Fondazioni con una dotazione di 6,3 milioni di euro. In tutti e due i casi la scelta delle Fondazioni è stata chiara: andare oltre i classici schemi della cooperazione internazionale, sviluppando una originale trasversalità orientata a creare reti e a fare sistema tra i diversi attori, con ricadute positive sia sull’efficienza dei processi e il consolidamento di best practice, sia sull’efficacia nel raggiungimento dei risultati.
Un particolare e convinto impegno, in questo senso, è stato dedicato proprio al coinvolgimento delle associazioni della diaspora presenti in Italia, senegalesi nel caso della prima iniziativa e burkinabè nel secondo. A partire da un bisogno emerso e con il coordinamento del centro di ricerca CeSPI, le Fondazioni hanno puntato, in primo luogo, sul rafforzamento delle organizzazioni di migranti presenti su territorio italiano, lavorando sulle competenze operative e sulla consapevolezza del proprio ruolo strategico. Il passo successivo è stato favorire la creazione di una relazione salda tra i rappresentanti della diaspora coinvolti e i protagonisti tradizionali della cooperazione internazionale – Ong, organizzazioni della società civile, Enti locali italiani – in uno scambio reciproco e fruttuoso tra Persone e Territori sia in Italia sia nei Paesi di origine.
Negli ultimi anni, inoltre, le Fondazioni stanno accompagnando e sostenendo quei percorsi orientati al riconoscimento del ruolo politico della diaspora in Italia e al cambiamento positivo della “narrazione” sulle migrazioni attraverso il contributo a iniziative quali il Summit delle Diaspore, in collaborazione con l’Agenzia Italia per la Cooperazione allo Sviluppo e la Fondazione Charlemagne.
Come le pagine seguenti racconteranno nel dettaglio, lo sforzo fatto in questi anni insieme alle associazioni della diaspora è stato grande, intenso, ricco di soddisfazioni e successi, seppure non immune da difficoltà e piccoli inciampi a cui riconosco il pregio di aver fortificato la convinzione e di permetterci, oggi, di guardare al futuro con maggiore coscienza e consapevolezza.
Proprio mentre questa pubblicazione va in stampa, le Fondazioni stanno ragionando, insieme a tutti gli attori coinvolti, e anche sulla base delle riflessioni qui contenute, sui prossimi programmi di cooperazione allo sviluppo da intraprendere.
Ciò che di sicuro vedo per il prossimo futuro, in continuità con l’azione precedente, è la centralità delle persone. Nonostante il dibattito pubblico sulla migrazione oggi non distingua, semplifichi e si consumi sull’emergenza e le questioni di sicurezza, la migrazione è un fenomeno complesso e come tale va considerato. Riguarda individui, con la loro storia, il loro bagaglio e il loro percorso di realizzazione. Sono persone portatrici di bisogni, che vanno ascoltati e che non sono riducibili a definizioni precostituite e spesso vuote.
Ciò che vedo, per il prossimo futuro, sono anche i giovani. Le nuove generazioni di cittadini di origine straniera oggi emergono come esempio e voce brillante di un’Italia dall’identità plurima, composita e multiculturale che già c’è. Con loro, di sicuro, vogliamo lavorare, continuando, passo dopo passo, alla costruzione di comunità e società plurali e coese: l’unica via percorribile per affrontare le grandi sfide collettive contemporanee che ci attendono.